venerdì 18 dicembre 2009

Zii d'America



Questa mattina ci svegliamo a La Plata, un cittadina al Sud Est di Buenos Aires, dalla quale siamo più vicini alla destinazione di oggi: Berazategui. Nome esotico e allo stesso tempo familiare, per il piccolo pueblo-regione dove risiedono i parenti argentini che non ho mai conosciuto. Ho qualche indizio per trovarli: il nome della farmacia, la strada e il numero di telefono trovato su internet, l'indirizzo di casa che mio padre ha recuperato da una vecchia lettera, parlo la loro lingua e ho visto una foto qualche anno fa, dalla quale posso riconoscere la cugina di mio padre.
Il piano prevede di entrare nella farmacia, di chiedere un qualsiasi medicamento dicendo che la ricetta non ce l'ho perchè sono italiana. Da lì il discorso dovrebbe cadere sul posto da cui vengo, e mi dovrei rifiutare di dirlo perchè è un posto troppo piccolo perchè lei lo possa conoscere, fino a che lei non insista, senta il nome, e...Carramba siamo dello stesso posto, e che sorpresa siamo parenti!!!
Però non sempre i piani si compiono, anzi quasi mai. Con il GPS non è difficile trovare la farmacia. E' in una strada abbastanza centrale, anche se Berazategui non somiglia per niente a Buenos Aires. Un paese di case basse e quasi tutte senza intonaco, dove auto sgangherate girano per le strade piene di buche, smarmittando e bruciando olio, si vede anche qualche calesse, cani randagi annusare i marciapiedi e venditori che si sporgono sulla strada vendendo carne alla brace arrostita in barili arrugginiti affettati a metà. La verità? Credo che qualcuno me lo abbia descritto così, ma venti anni fa, quando il figlio di compa Gerardo, un amico di famiglia, decise di tornare in Italia. Adesso, soprattutto venendo da Buenos Aires, dal quartiere Palermo dove ci sono sotto-quartieri chiamati Soho o Hollywood, il balzo è grande.
Quando vedo il mio nome stampato sulla vetrina mi coglie una certa emozione. Entriamo, chiediamo la medicina, ma a servirci sono tutti uomini. Allora, prima di pagare, chiedo di Caterina, mi dicono che tornerà tra mezz'ora. Allora ho azzeccato, la farmacia esiste! Quasi esco senza pagare per l'emozione, sicuramente hanno sospettato qualcosa, ma non immaginano mai chi sono e da dove vengo. Mi metto in un internet per comunicare a mio padre che ci sono vicina...
Dopo mezz'ora la farmacia ha la serranda chiusa, giriamo intorno all'edificio e scopriamo che è di turno, allora bussiamo. Chiediamo di nuovo di lei, ma ancora non è arrivata, allora un ragazzo dai capelli rossi esce dal cancello dicendoci che sua madre ci vuole parlare. E' suo figlio, questo ragazzo è mio cugino di secondo grado ed è la prima volta che lo vedo. Mi passa il telefono e la voce dall'altra parte mi dice che non verrà prima del pomeriggio, allora confesso, le dico chi sono, si sente che è contenta, e sarà qui in 10 minuti. Oggi la figlia maggiore si è laureata in medicina, per questo non c'era. Il ragazzo, di 19 anni, ci fa entrare. Comincio a chiedergli di tutto, degli altri cugini, del fratello della madre, quello che si chiama come mio padre, che devo conoscere, scattare foto alla fattoria, conoscere i figli...
I piani non vanno quasi mai come ci si aspetta, e non ho fatto in tempo, Felice è morto due mesi fa di infarto in mezzo al campo, da solo, perchè aveva problemi con i figli e la sorella, e si rifugiava nel lavoro della terra, forse per sentirsi un pò come a casa...la notizia è orribile, non ci siamo mai conosciuti, sono qui in quanto ambasciatrice di una famiglia che non ha mai dato il suo meglio per mantenere un legame. Mio zio veniva in Italia ogni due anni fino a quando fu vivo, dopo la sua morte, tutto si era perduto, fino a che non ho imparato lo spagnolo e i contatti almeno telefonici con la cugina si sono riallacciati. Di Felice sapevamo notizie di seconda mano, tramite compa Gerardo, e non ho mai visto nemmeno una foto.
Adesso sono qui, a due passi dalla meta, sul punto di conoscere parte della famiglia, e penso a come dirglielo a mio padre che non mi è riuscito.
Finalmente arriva la cugina, è un pò più anziana della foto, ma è lei. Mi abbraccia, è contenta di vedermi, ci invita a pranzo fuori, ovviamente a mangiare carne. Poi raggiungiamo casa sua, circondata da cancelli in pieno stile conurbano, per la sicurezza. Sono entrati diverse volte in casa, per rubare. La casa è bella, molto al di sopra della media, grande, con piscina e giardino, jacuzzi nel bagno, guardaroba in camera da letto. Loro stanno bene, vorrebbero comprare un appartamente a Miami come investimento. Ci raccontano della vita di qui, dell'arredatore, della festa per i 15 anni della figlia maggiore, vestita da sposa, con servizio fotografico e cena servita dal miglior catering di Buenos Aires. Hanno una cameriera 24 ore su 24 e un giardiniere...
Mi sembra tutto così assurdo, stanno così bene e qualche anno fa volevano ritornare in Italia. Le dico di non aspettarsi lo stesso lusso quando venga a trovare i miei genitori, dove il tenore di vita è decisamente più spartano. Ecco perchè ci sono i cancelli tutti intorno alla casa, perchè queste zone sono così pericolose. Da un lato della strada vita da nababbi, ansia di prosperità, desiderio di ostentare quanto si possiede, dall'altro bambini scalzi ammassati su un carretto.
Anche io, se fossi il loro padre, se tutti i giorni qualcuno mi sbattesse in faccia la propria ricchezza, forse entrerei di notte a rubare qualcosa...
Sono molto gentili, mi fanno regali e mi invitano a cena a Buenos Aires e li saluto alle quattro di pomeriggio, con appuntamento intorno alle dieci nella capitale. Ma alle nove mi chiamano perchè non possono venire...

Oggi è stato un giorno molto istruttivo. Ho imparato tante cose della famiglia, di me stessa e di questo paese. Ho visto che quanto più si idealizza qualcosa tanto più se ne può restare delusi, che comunque riesco ad accettare le contraddizioni che mi si parano davanti, e che ci sono cose dell'Argentina che non mi piacciono. Ho imparato che ci sono cose che cambiano, e cose che restano uguali. Che la diseguaglianza sociale fa schifo, e che in quanto ambasciatore della famiglia mi faccio carico di deludere anche mio padre.

2 commenti:

Tre ha detto...

Gli zii d'america parlano dall'altra sponda di noi stessi...ci sono delle cose che finchè non le hai viste non le puoi capire, quelle diferenze di cui parli sono qualcosa che fa male ma che fa si che latinoamerica sia quello che è:una identità fatta di contradizioni. bella por esto. Giassai...

Diapason ha detto...

…L'abbiamo visto anche ieri nel nostro Natale nella italica famigghia, lo vediamo tutti i giorni quando vediamo gli altri andare e venire e noi sempre qui. Perchè ci sono viaggi e viaggi, perché anche la possibilità di viaggiare è una questione di status, c'è chi viaggia per conoscere e chi, come Tre domani, perchè diviso tra due sponde. E allora fantasticavamo su come sono diverse le valige di chi viaggia per divertimento e chi nella sua valigia mette tutto quello che in un anno e mezzo ha messo da parte per la sua famiglia d’origine. E io che sono la moglie vorrei davvero tanto potermici ficcare in quella valigia, perché tanto solo dopo il suo atterraggio potrò tornare a respirare. E domani ci toccherà essere forti, salutarci con il sorriso perchè ad oggi non ci possiamo permettere di tornare insieme all'altra casa nostra.